CASTELLI FRIULANI - LA CHIUSA



Articolo di Alfredo Lazzarini pubblicato a puntate sul Giornale di Udine nell'autunno del 1898


L'allegro e simpatico paese di Chiusaforte deve il suo nome all'essere posto fra due strette della valle del Fella, le quali sono formate dall'avvicinarsi degli aspri contrafforti dei monti che formano le pareti della valle. Anticamente si chiamò col nome di Clusa o Sclusa al quale si aggiungeva l'epiteto de Abintione, forse per distinguerla dall'altra Chiusa posta sul Moscardo in Carnia. Già ai tempi di Bertrando Patriarca si conobbe la strategica importanza del sito e si pensò a fortificare nuovamente la stretta gola che chiude la vallata presso il villaggio di Chiusaforte. Ma non fabbricò a nuovo la rocca come volle qualcuno, bensì restaurò i già esistenti fortilizi che, come dice il Nicoletti (1), erano opera assai più antica. Difatti le così dette chiuse delle Alpi ebbero ad essere in tempi molto anteriori riconosciute di grande importanza militare, specialmente quelle che, come la nostra, sbarravano una grande arteria stradale qual'era anche allora il canal del Ferro. Sappiamo pertanto che ancora nell'837, per ordine dell'imperatore Lotario, si erano fatte munire e apprestare alla difesa le chiuse alpine, che con solide mura vennero rafforzate, temendo quel monarca d'essere minacciato di guerra da parte del padre suo (2). Io non ardirò sostenere con certezza di causa che anche la Sclusa de Abintione sia stata fra quelle, ma la cosa, convien dirlo, non è senza probabilità. Ma già altre volte si occorre di incontrare il nome della Chiusa prima dei restauri fatti nella rocca da Bertrando patriarca, nel 1343. Prescindendo dal fatto di monete romane rinvenute sul colle Moresch o zuc di S.Sebastiano (3), che attesterebbero una ben più remota antichità, troviamo nel 923 menzionata la Clusa de Abintione nell'investitura concessa dal re Berengario al vescovo di Belluno (4). Più tardi nel 1001, l'imperatore Ottone III, il 28 aprile, donò a Giovanni Patriarca III, con altri diritti e possessioni, anche il dazio dell'erbatino che pagavano all'erario gli alpigiani e i forestieri che transitavano per Chiusa per condursi al piano (5). Ed è ancora anteriore ai restauri fatti nella rocca nel 1343, dal quale anno incominciò a chiamarsi Chiusa Bertranda, la vendita del diritto sul Pontatico, fatta il 2 dicembre 1301, da Alessandro qm. Bortramino de' Brugni al fratello Giuliano. Già a questo tempo i Prampero avevano sul pontatico suddetto dei diritti comuni coi Brugni, diritti che provenivano da una compera fatta dai figli di Galvano di Maniago (6). Più tardi, nel 1308, l'11 ottobre, Francesco qm. Mattia di Gemona, agendo per sé e per il fratello, cedette all'Abate di Moggio, al prezzo di 40 marche di denari aquilejesi, i suoi diritti su Chiusa e sul Montasio, eccettuati il pontatico ed il garito (7). Nel 1312 poi, il 12 maggio, Federico di Prampero, Francesco ed Enrico fratelli qm. Mattia di Gemona affittarono per un anno, per 40 marche di denari aquilejesi, il pontatico, il galaito, il diritto delle nevi alla Chiusa (8). Nel 1314, l'8 di novembre, Federico di Prampergo affittò per 300 marche e per 20 anni i propri diritti ed i redditi in Chiusa e Montasio ad Artico e fratelli qm. Enrico di Prampergo (9). Qui è bene aggiungere che erano consorti dei signori di Prampergo: Federico qm. Enrico di Gemona, Francesco, Enrico ed Ottilio qm. Enrico di Prampergo (10). Nel 1331, il 20 marzo, il nob. Cavaliere Federico di Prampergo, come il seniore fra i sui Consorti, chiese e ricevette investitura dall'abate di Moggio - Gilberto - dei beni in Chiusa e Montasio che la casa teneva in feudo da quel moanstero (11). Questo ci ricorda pertanto che l'Abbazia di Moggio estendeva anche su Chiusa, come del resto su tutto il Canale del Ferro, la sua feudale giurisdizione. Dei restauri fatti dal patriarca Bertrando rimane una lapide, un tempo incastrata sopra la porta di ferro all'ingresso della rocca ed attualmente murata nell'orto di casa Zanier, dove si trova ancora dal 1826. Eccola pertanto; in essa si è ricostruito il termine delle prime due righe ed il principio dell'ultima, e così fu riportata da altri (12):

Siamo al 1351. Il Patriarca Nicolò, il 22 maggio, ebbe a convocare il Capitolo d'Aquileja, e cioé il Decano di detta Chiesa e quattro canonici, alla presenza di vari testimoni per annunciare un patto seguito fra il Patriarca medesimo ed Alberto Duca d'Austria. Si trattava di cedere per 12 anni al Duca Austriaco la Chiusa e la muta della stessa, spettanti al Patriarcato, in cambio di terre, luoghi e beni da retrocedersi alla Chiesa d'Aquileja. È importante il fatto che, nel giorno seguente, il Capitolo, richiesto del suo assenso in proposito, si rifiutò di riconoscere quanto aveva conchiuso l'alemanno prelato (13). Più tardi, il 2 luglio 1358, lo stesso Patriarca Nicolò ordinò agli abitanti di Chiusa di ritenere lui, e non l'abate di Moggio, per loro signore (14).
    L'anno precedente, in data 9 agosto, Giuliano qm. Bertramino Brugni, per 500 marche, comperò da Nicolò qm. Galvano di Maniago la terza parte del Pontatico (Inderlech) di Chiusa e Montasio coi beni e diritti annessi che avevano appartenuto a Odorico di Prampero ed a suo nipote (15). Due anni appresso, e cioè nel 1359, il Duca d'Austria occupò questo forte luogo, forse volendo colla forza a sè rivendicare quanto non aveva potuto ottenere per i maneggi del Patriarca Niccolò (16). Poco appresso però, cioè in data 13 gennaio 1360, abbiamo una investitura rilasciata dal Patriarca Lodovico all'abate di Moggio, nella quale si concede a questo ogni privilegio spettante ai suoi predecessori su Moggio, Resia e Chiusa (17). Con tutto ciò Chiusa sembra allora non fosse né del Patriarca né dell'Abate di Moggio, ma del Conte di Gorizia, il quale vi teneva un capitano. Sappiamo pertanto che a costui, in data 22 novembre del medesimo anno, si stabilì si impedire la continuazione di certi lavori di difesa che vi andava facendo (18).
    Nel 1363, il Patriarca Lodovico fece dei passi presso il Duca d'Austria per riavere la Chiusa (19); ciò ci avverte come ancora la Chiesa Aquilejese non ne fosse ritornata in possesso, ma non ci spiega punto la momentanea scomparsa nella questione del Conte di Gorizia. E tanto danno risentiva il Patriarcato per l'occupazione straniera di quell'importante passo, che ciò fu causa non potesse provvedere alla ricostruzione della Chiesa d'Aquileja abbattuta dal terremoto per altra via se non colle elemosine pubbliche (20).
    Per lunga pezza poi tace la storia relativamente a questa fortezza, che convien credere non per lungo tempo sia rimasta ai Duchi d'Austria, ai quali l'avrebbero ritolta i Gemonesi (21). Nel 1381, un certo Odorlico della Chiusa, uomo di molto credito presso quegli abitanti, appoggiato dai Prampergo ordì una lega contro al Patriarca, della quale fece apparire falsamente capo ed ispiratore l'abate di Moggio e che ebbe coll'armi duramente a danneggiare il territorio di Artegna (22).    Nel 1384, condotte a ciò fare dai tristi momenti in cui la Patria trovavasi, si strinsero in lega le contrade Plezzo e Tolmino, il canale della Chiusa, Resia e Resiutta (23). Ciò non valse però a salvare la terra di cui ripeto la storia, chè l'anno seguente fu invasa dai collegati e devastata, mentre la rocca venne espugnata e presa (24)
    Una breve nota del Codice Diplomatico Frangipane (25) riporta, sotto la data 25 dicembre 1409, che certo N.... notaio al Comune, sulle mosse della cavalleria richiesta dal Patriarca; sul soccorso di Venzone e l'attacco della Chiusa, eccitando a vigilanza. La cosa è oscura assai né si sa di che attacco si parli.
    Nel 1420, essendosi esteso sul Friuli il Veneto dominio, anche la fortezza della Chiusa passò a questo, che ne riconobbe l'importanza strategica e regolarmente vi tenne un Capitano Governatore (26) provvedendo nel tempo stesso alla conservazione ed al buon assetto di difesa del passo, che metteva alla strada della Germania. Continuò pertanto la Serenissima ad infeudare vari diritti, dei quali è ben noto il Pontatico (Inderlech), che venivano assunti da nobili personaggi, fra i quali troviamo i Prampero, i Manini e altri.
    Come fa fede una pergamena del 1427 (27), in quest'anno, in data 29 novembre, il diritto del Pontatico venne acquistato da Simone de Manini di Udine, al quale fu concesso dal Luogotenente Vitale Miani. Nel 1432 troviamo che i Prampergo tenevano un Gastaldo in Chiusa e che nel suddetto anno copriva tale carica un certo Bortolotto di Nicolò detto lu cavalir (28).
    L'anno precedente si ricorda il nome di Helena qm. Bortolomeo Rodolfo di Sclusa, moglie a Tommaso di Prampergo (29). Il 4 giugno 1466, i fratelli Pietro e Giovanni qm. Rizzardo di Prampergo cedono in dote alla sorella Perina, maritata Ungrisprach, l'annuo livello di 20 ducati d'oro (30). Questo serve a darci un'idea delle doti di quel tempo, nonchè a farci presumibilmente stimare la suddetta somma di ducati 20, rappresentare un terzo dei redditi del pontatico, a cui aveva diritto la Perina Prampergo maritata Ungrisprach.
    Nel 1470 troviamo una importante deliberazione del luogotenente Giovanni Mocenigo, il quale riconobbe non essere tenuti i Prampergo a riparare la strada da Resiutta a Chiusa, mentre invece ne erano incaricati gli abati di Moggio (31).
    Vennero i giorni tristi della guerra ed in Chiusa si trovarono degli esempi di illustre coraggio e virtù. Nel 1509 è Anastasia di Prampero moglie di Artico che porta nel castello della Chiusa le sue stoviglie e i vasellami di peltro per farne palle da tirare ai tedeschi che volevano passare di là (32). Ed è in quest'anno che il venzonese Antonio Bidernuccio da questa rocca eroicamente si oppose e resistette al duca di Brunswich ed alle sue genti, in ciò aiutato da pochi compatrioti, impedendo così il passaggio a quel numeroso esercito (33).

Due anni dopo Camillo di Giovanni Colloredo ebbe a ritogliere la fortezza della Chiusa, occupata dagli imperiali e per questo illustre suo fatto fu encomiato dal Veneto Governo (34). Venne il 1514, e il 2 marzo, dalle armi Cesaree fu assediata nuovamente questa rocca, che nel giorno 4 si arrese a fu smantellata (35). Ma l'anno appresso, certo Zuliano Micossi o Micosso da S.Daniele, riusci a penetrare con quattro coraggiosi compagni nella fortezza, che seppero così per sorpresa far libera e ritornare alla Repubblica, la quale rimunerò quest'atto con una annua vitalizia pensione di 360 ducati dati a quei cinque coraggiosi (36).
    Nel 1606, la Repubblica rinnovò quasi per intero questa fortezza (37) e nel 1623 vi fece eseguire altri restauri, come ricorda la seguente lapide (38):

La su trascritta lapide si conserva nella casa di Sebastiano qm. Sebastiano Pesamosca, (N.B. l'articolo è del 1898, ora si trova nella piccola chiesa in località Raunis) ma essendo , a quanto dice l'Ostermann (39), adoperata nel pavimento d'una cucina è assai logora. In origine era posta sul portone d'accesso, sopra all'altra relativa ai restauri del 1343.

    La seguente esisteva sul portone della torretta settentrionale (40):

Di questa lapide, la cui iscrizione fu conservata da Don Antonio Zanier (41), un frammento esiste tuttora (N.B. l'articolo è del 1898) in Raccolana, nella piazzetta della Fontana, sulla soglia della casa di Luigi Della Mea, detto Zambonio (42). Fu trasportata dalla piena del Fella nel 1837 come la seguente, la cui iscrizione ci fu conservata pure dallo Zanier (43):

Esisteva internamente, nel muro fuciliere, di rimpetto alla porta di ferro. Non si ha notizia di altra epigrafe pure asportata dalla violenza delle acque nel 1837 (45).
    Abbiamo vari atti che si conservano nell'archivio Prampero (46), i quali ci fanno conoscere come fino al chiudersi del secolo scorso abbiano questi signori goduto di diritti e prerogative feudali, riconosciuti con investitura 8 marzo 1780 dal doge Renier, sulla Muda della Chiusa e sul monte Montas. Quindici anni dopo troviamo accesa una viva questione tra i conti Prampero ed i comuni di Chiusa e Raccolana relativamente al monte Montasio: la vertenza si protrasse con repliche e contro repliche, sentenze e annullamenti e appelli e recisioni fino al 3 luglio 1804, nel quale anno fu chiusa con una sentenza che diede torto ai Prampero. La lite fu ripresa nel 1865. Già nel 1818 si era fra i due comuni interessati e i Prampero addivenuti ad una transazione. Una nuova sentenza in data 29 luglio 1869 obbligò i due comuni ad affrancare ogni diritto mediante l'esborso di it. lire 11.333,66 ai Prampero. La cosa non ebbe effetto e tuttora i Prampero ricevono dai comuni di Chiusa e Raccolana annualmente it. lire 500 e libbre 50 di formaggio (47).
    Mi sono forse allontanato dal tema propostomi: la storia della fortezza della Chiusa. Ora ci ritorno.
    Il Pittiano, che per chi non lo sapesse fu un illustre magistrato nato in S.Daniele nel 1522 e diligente raccoglitore di patrie memorie, nel 1577, addì 11 luglio, visitò la fortezza della Chiusa, di cui ci lasciò una descrizione (48). Quantunque il castellano non ve lo abbia voluto introdurre, pure il Pittiano ebbe campo di osservare la piccolissima abitazione "attaccata malamente ai creti del monte" e le "due torri poste sui ponti della stradella". Inoltre sopra il muro vide "in quattro cannoniere quattro pezzi di artiglieria ma sottili e piccoli" e gli venne detto esserne altri e alcuni grossi.
    Ci dice il Pittiano che per di là transitar si poteva su due ponticelli, tolti i quali era impossibile venir per la strada, né per la strada di la offendere tali torri ed abitazione. Sui detti ponti era fatta una rosta grandissima e fortissima di legnami inchiodati e legati con grossi chiodi e catene di ferro, la quale frenava l'acqua del Fella sopra la Fortezza, che così era maggiormente difesa, quantunque non lo fosse convenientemente per la sua posizione dalla parte della montagna, da cui i nemici, se fossersi dei vertici impadroniti, col gettar giù sassi potrebbero ruinar detta abitazione e torri e chi volesse opporsi.
    Un rozzo disegno del 1741 opera di un ingegnere G.B.Paventini (49), ci rappresenta la Fortezza quale era in quell'epoca, colle due torri quadrangolari che, in un coi due ponti levatoi, chiudeva la strada, a fianco della quale, in mezzo alle due torri, sporgendone anche in parte al di qua e al di là, ma sempre cinti dalla fossa, si vedono in detto disegno la casa del Capitano ed altri edifici addossati al monte. Sul davanti il Fella nel quale si vede la rosta di cui parla anche il Pittiano. Nel disegno sta lo stemma Gradenigo, essendo allora Luogotenente della Patria un Girolamo di detta famiglia.

Nel 1826, il Governo Austriaco ordinò la demolizione della Fortezza della Chiusa, di cui i materiali furono acquistati dal signor Valentino Zanier (50).
Tuttavia, nel posto dove sorgeva, ancora si osserva qualche traccia di muratura, un pezzo di trave incassato nella rupe, alcuni fori in questa e certi altri avanzi (51) che, sfidando l'ira degli elementi e quella degli uomini, rimangono a ricordo di quanto per tanti secoli li ebbe ad esistere.
Udine, novembre 1898
ALFREDO LAZZARINI
Giornale di Udine


Note: (1) Patr. di Bertrando, (2) Muratori - Ann. d'Italia, (3) Guida del Canal del Ferro, ed. dalla Società Alpina Friulana, 1894, (4) id., (5) Liruti - Not. del FRiuli., (6) id. e Arch. Prampero., (7) Arch. Not. Ud., (8) id., (9) Arch. Prampero., (10) id., (11) id., (12) Ostermann, Pittiano, Marinelli, ecc., (13) Guerra - Ot. For., (14) Bianchi - Dipl., (15) Arch. Prampero, (16) Liruti - Not. del Friuli, (17) Cappelletti - Le Chiese d'Italia, (18) Cod. Dipl. Frangipani, (19) Bianchi - Dipl., (20) Cod. Dipl. Frangipani, (21) Marinelli - Guida del Canal del Ferro, (22) Nicoletti - Patr. di Filippo d'Alençon , (23) id., (24) id., (25) Ind. Pirona, (26) V. Ostermann - Diodato Tichievich, ecc., (27) Posseduta dal sig. Riccardo Cordoni., (28) Arch. Prampero, (29) Liruti - Gaspare Not. - Joppi, (30) Andrea qm. Antonio di Venzone Not., (31) Arch. Prampero, (32) id. Mem. Ms. di MArcantonio, (33) Joppi - Marinelli, ecc., (34) Cod. Dipl. Frangipani, (35) Guerra - Ot. For., (36) Guerra - Ot. For., (37) Manzano - Vol. VI, (38) Rip. dal Pittiano, Marinelli, Ostermann., (39) Diodato Tichievich, ecc., (40) Rip. c.s., (41) Ostermann, op. cit., (42) Guida del Canal del Ferro, (43) Ostermann, op. cit. , (44) Marinelli, Ostermann., (45) Ostermann, op. cit., (46) Riportati dal co. A.G. Ronchi - Cron. SAF, Ann. III, 1883, (47) co. A.G. Ronchi - Una gita al Montasio, ecc. id., (48) Descrizione della Fortezza, ecc. - Pubbl. per nozze Perissutti-Liruti, 1871, (49) Riportati dal co. A.G. Ronchi - Cron. SAF, Ann. III, 1883, (50) Ostermann, op. cit., (51) Guida del Canal del Ferro

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