Chiusaforte, 12 settembre 1878
Io sono nemico di quella che in tuono un po' da predicatore si potrebbe chiamare la "pompa mondana", sono nemico dunque anche delle cerimonie e delle feste pubbliche, di cui pur troppo il paese nostro, specialmente in questi ultimi tempi, ci ha dato largo spettacolo, ma non so darmi ragione del perché in occasione dell'apertura del tronco di ferrovia che unisce Resciutta a Chiusaforte non si sia dato al fatto almeno quel carattere di solennità, che in simili circostanze è quasi una consuetudine. E non credo che sia consuetudine cattiva. Poiché gli uomini non vivono di solo pane, e per toglierci dalla similitudine, siamo tutti così fatti che la soddisfazione interna non ci basta, e ci sentiamo giudicati da un certo amor proprio, che vuol pur lui la sua parte. Se così dunque, in occasioni simili s'era dato al fatto un tantino di solennità, se s'erano fatti inviti a mezzo mondo, pareva che anche oggi si dovesse fare altrettanto, sempre per seguire la consuetudine, e poi per dare, sia pure, questa piccola soddisfazione a tutti questi bravi lavoratori, che non hanno risparmiato fatica per farsi onore. Ma quei signori di lassù hanno voluto che il tronco s'inaugurasse senza inaugurazione ed avranno le loro buone ragioni. Una commissione di periti partì stamane alle ore 10 da Resciutta, e percorse lentamente in ferrovia il tronco di nuova costruzione. È lungo 8 chil. circa e scorre tra mezzo a grosse montagne, e presso al torrente Fella, sul quale anzi, s'eresse un ponte ch'è forse l'opera più grandiosa che l'impresa Ciampi-Luzzatti assuntrice dei lavori abbia compiuta. Oltre a questo ponte che misura 160 metri di lunghezza, e ch’è proprio un’opera d’arte, ho notato sei gallerie, e parecchi altri manufatti, come l’altro ponte sul Rio per aria, tutti bellissimi. Il tronco intero fu compiuto in diciotto mesi, e si può dire periodo assai breve se si ha riguardo alla qualità del lavoro, e al modo della sua esecuzione. Che davvero se la Società dell’Alta Italia merita molti elogii per la direzione tecnica, non ne merita minori l’impresa, la quale pare a me che abbia voluto mostrare come si possa e sappia lavorare in Italia. Ho visitato minutamente la Stazione di Chiusaforte e vi so dire che non si potevano vincere con maggiore bravura le asperità e le tenacità di questi terreni crudi e ribelli alla mano dell’uomo. Ho visto certi muraglioni e certi rivestimenti che m’hanno fatto ricordare i nostri bei mosaici veneziani, e son corso col pensiero al passato, e ho sentito un certo orgoglio nel confessare a me stesso che questi mosaici tutto moderni sono forse più belli degli antichi, perché attestano d’una grande vittoria dell’uomo sulla natura. La Stazione di Chiusaforte sta proprio a piedi di una grossa collina, e per doverla piantare là, hanno dovuto spaccarne un gran tratto, e coprire di grossi rivestimenti la spaccatura per garantire il binario dalle frane; poi raccolta l’acqua di parecchi torrentelli, che corrono su su sul monte, l’hanno fatta venire sin vicino alla Stazione, e con un condotto sotto il binario la meneranno al paese. Così Chiusaforte ottiene dalla ferrovia un doppio vantaggio; quello massimo della facilità delle comunicazioni, poi quell’altro, non piccolo, d’aver acqua potabile. Stamane quando passava il treno c’erano questi paesani a frotte sui passi, sulle vette, sui muraglioni, e guardavano quei signori come tante bestie rare; e difatti erano proprio bestie rare per loro, che non avevano mai vista una ferrovia. Chi sa quanti bei pensieri saranno passati per quelle teste, e chi sa quanti sogni si saranno oggi realizzati, poiché mi dicono che fosse grande l’aspettativa di queste borgate per sentir fischiare fra’ loro monti il vapore, e che ne attendono tanti vantaggi.
E pensare che tra pochi mesi quello stesso vapore porterà loro via questa falange di gioventù, che avea messo la vita in queste borgate, e che ha segnato coi suoi sudori un nuovo trionfo dell’arte. E porteranno via assieme ad una grande soddisfazione l’elogio di molti, e fra gli altri di quei signori periti collaudatori d’oggi, ch’ebbero parole veramente belle per l‘impresa Ciampi-Luzzati e per tutti i suoi bravi ingegneri.
Gazzetta di Venezia, 14 settembre 1878
da Il Turismo dagli albori ai nostri giorni attraverso la storia dell'Albergo Martina, 2016